In una gelida notte due anime uniscono il loro destino creando così una nuova razza desiderosa di sangue…
<<Aaahhhh… No, no ti prego nooooo…>>
<<Mi dispiace, non ricordo niente di cosa accadde quella sera, ora vorrei rimanere da solo per favore>>.
<<Capisco signor Weaver, un’ultima domanda prima di andarmene. Come si è fatto quel segno sul collo?>>
<<Be’, io… non saprei, le ho già detto che non ricordo niente, mi dispiace. Buona notte ispettore>>.
<<Ok. Sono rammaricato che il suo viaggio in Italia si sia trasformato in un incubo, le prometto che farò di tutto per trovare il suo aggressore. Dorma bene signor Weaver>>.
Il tempo non passava mai in quella stanza d’ospedale. Ben Weaver, un uomo d’affari londinese di 35 anni, fisico atletico dalla carnagione scura, capelli lunghi, neri e ben curati. Occhi color ghiaccio.
Due giorni prima, Mr. Weaver, si apprestava a finire il suo drink dopo una lunga giornata di lavoro finita nei migliori dei modi. Lasciandosi alle spalle il bar in centro a Treviso, si incamminò in direzione dell’albergo dove alloggiava. Era ormai passata mezzanotte e l’aria gelida di marzo tagliava la sua pelle. Era stanco e la mattina seguente avrebbe preso l’aeroplano privato della compagnia per il volo di ritorno. La strada era deserta ma ben illuminata… girato l’angolo della via passò sotto un lampione fulminato… il tempo di dare un’occhiata furtiva verso l’alto che… niente! Tutto ritornò ad essere buio nella sua mente, proprio come quella stanza d’ospedale.
L’unico ricordo vivo di quella sera era quel segno sul collo, un morso di qualche animale all’apparenza, ma forse di… se fosse stato un ingenuo avrebbe pensato al morso di un vampiro.
Perso nei suoi fervidi pensieri di leggende metropolitanechiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.
Le prime luci del mattino si addentravano furtive nella stanza numero 17 dove era ricoverato Ben Weaver che dormiva placido su un letto ospedaliero. La luce del sole inondava di allegria la stanza fino ad arrivare a lambire il braccio del paziente. Nel giro di pochi secondi Ben sobbalzò dal letto sentendo ardere la sua pelle. L’urlo di dolore fu percepito dall’infermiere di turno che, precipitandosi nella stanza, si trovò di fronte ad una scena inconsueta. Eva Cruore, giovane infermiera, trovò il paziente sotto il letto che implorava di chiudere la serranda in modo da non far passare più nessun spiraglio di luce. Eva aiutò Ben a rialzarsi rimettendo tutto in ordine e controllando meglio quella bruciatura sul braccio destro. Avvicinò il suo sguardo alla ferità ma dovette allontanarsi, tempestivamente, prima che lui la potesse colpire con la mano. Ben iniziò ad agitarsi. Eva senza perdere coraggio gli iniettò una dose di calmante nel tubicino della flebo così che, in pochi istanti, Ben Weaver attenuò il suo senso di panico rilassando completamente il corpo.
Poche ore dopo, Eva tornò dal paziente Weaver per vedere come stesse. Dormiva ancora. L’infermiera notò che nella stanza numero 17 mancava il crocefisso. Weaver d’improvviso aprì gli occhi afferrando l’infermiera trascinandola a sé e mordendole il collo. La Cruore riuscì a liberarsi grazie alla distrazione del paziente quando vide entrare il medico di turno per la visita giornaliera.
Ben, non riuscendo a comprendere bene il suo gesto folle, spinse indietro Eva facendola cadere contro il mobiletto pieno di medicinali.
Sporco del suo sangue. Spaventato dal dottore e da altri infermieri intervenuti in soccorso che non facevano altro che chiedergli di restare calmo, Ben Weaver cercò subito una via di fuga e con uno scatto felino raggiunse la finestra… ruppe il vetro lanciandosi nel vuoto. Il dottore guardò d’istinto gli altri colleghi e corse verso la finestre stando attento al vetro rotto… Weaver era fuggito dalla stanza ospedaliera numero 17 lanciandosi dal terzo piano e scomparendo nel nulla.
Eva Cruore fu subito ricoverata d’urgenza dopo quell’attacco improvviso proprio nel reparto ospedaliero dove lei prestava servizio da ben due anni. Era una ragazza di origine siciliana dai tipici lineamenti mediterranei… alta e snella, dalle forme sinuose con capelli ricci e neri come il carbone. Due occhi color verde elettrico. Eva Cruore, dopo aver vinto il concorso d’infermiera professionale presso l’ospedale di Treviso, si ritrovò sola in una città nuova. Conobbe Sarah Pellegrini, una sua collega che ben presto diventò la sua migliore amica tanto da starle accanto anche quando la madre di Sarah morì per un incidente dovuto ad un’arma da fuoco causato dal figlio minore Ivan il quale si trovava, ancora oggi, nel carcere di malattie mentali di Milano. Le due ragazze dividevano lo stesso appartamento da poco più di un anno.
Eva fu risvegliata dal via vai degli infermieri/colleghi che passavano spesso e volentieri per controllare come stesse dopo ben 24 ore di fila di malsano dormire. Aperti gli occhi le ci vollero circa dieci minuti per far mente locale e ricordare il caos della sera prima. Affianco a lei c’era Sarah. Era di turno quella sera e quindi, tra un controllo ed un altro, cercava di starle il più vicino possibile per verificare quei segni sul collo. Fortunatamente la ferita sembrava quasi rimarginata. Sarah le accarezzò il viso dicendole: <<tranquilla Eva, stai bene e qui sei al sicuro. Tornerò tra poco… aspettami e non ti muovere>>. Si allontanò sorridendo dopo lunghe ore di pianto nell’attesa che la sua amica si risvegliasse da quel brutto incubo. Eva bevve un po’ d’acqua minerale rinfrescandosi la gola ormai secca. Pensava a Ben Weaver, il paziente ricoverato qualche giorno prima. Prima di compiere quel salto nel buio penetrò con lo sguardo negli occhi di Eva e senza aprir bocca lei lo sentì: <<ritornerò…>>.
Ben Weaver, prima di fuggire dell’ospedale civile di Treviso, era stato ricoverato d’urgenza perché trovato vicino un cassonetto dell’immondizia in stato confusionale. Nei giorni seguenti al ricovero, non diede spiegazioni sufficienti all’ispettore di polizia Ezio Del Mull che, incredulo, non riusciva a darsi una spiegazione plausibile dell’accaduto. L’ispettore Del Mull era un uomo di circa 55 anni originario del Friuli Venezia Giulia ma residente da oltre vent’anni a Treviso e separato da sua moglie e le sue tre figlie da ben cinque anni. Era una persona ligia al dovere e per questo si trovava a passare notti intere a girovagare nel suo appartamento cercando di studiare a fondo uno dei tanti casi ancora irrisolti… cosa che portava, la maggior parte delle volte, a litigi e urla da parte della moglie trascurata a causa del suo continuo lavoro da stacanovista. L’ispettore, ormai solo, era seduto da ore sul divano di casa nel bel mezzo della notte, cercando di capire il perché di quel gesto folle. Pazzia, paura… cosa aveva scatenato in quell’uomo così tanta violenza. Mordere una persona… saltare da una finestra di un terzo piano e dileguarsi così velocemente senza neanche riportare una lieve ferita o quant’altro. Le palpebre gli si chiudevano e i suoi ragionamenti risultavano sempre più sfogati e mischiati fra i tanti pensieri che attanagliavano la sua mente. Come quasi ogni notte, si ritrovò addormentato sul divano privo di qualsiasi risposta ma con un unico pensiero… Ben Weaver.
Era proprio lì, davanti a sé. Lo vedeva… lo braccava nel buio cercando di correre, fuggire da lui ma… niente, era veloce, velocissimo… era dietro di lui, cercava una via di uscita ma lui era lì, sempre lì… guardava e rideva, sembrava quasi fosse un gioco per lui… cadde, si rialzò, continuò a scappare, voleva urlare ma la paura bloccava quella poca forza che gli restava…
Era notte, neanche un’anima via… ricadde ma non ebbe più la forza di rialzarsi. Lui era lì, lo osservava come un verme strisciare sotto i suoi piedi. Lo supplicò di lasciarlo libero tra pianti e lamenti… ma lui rideva. Lui rideva assaporando l’odore della sua preda. Lui sollevò da terra il suo corpo e messo contro un muro gli conficcò con forza il suo braccio dritto nel petto strappandogli il cuore ancora pulsante fra le sue mani.
Una risata cupa echeggiò nella sua mente… svegliandosi di soprassalto, sudata e bianca cadaverica… Eva Cruore aveva solo sognato, solo un orrendo incubo!
Erano circa le cinque del mattino di una bellissima giornata di fine marzo… un leggero venticello primaverile, ma ancora freddo, soffiava tra le strade di Treviso ove la maggior parte delle persone era ancora nel mondo dei sogni. La giornata sembrava iniziare nel miglior dei modi… i camion della nettezza urbana iniziavano i lavori di pulizia mentre alcuni automobilisti accendevano le loro auto per riscaldarle ed iniziare una nuova giornata lavorativa… in un vecchio casolare abbandonato ormai da anni, in un angolo buio della stanza giaceva un’anima in pena… Ben Weaver era lì. Rifugiatosi in quella casa vecchia per nascondersi dalla luce del sole e dalle sue paure. Era chino in terra disperato come non mai. Non riusciva a capire il perché di quella strana situazione. Non capiva il suo comportamento e non riusciva a credere al suo cambiamento corporeo. A distanza di poche ore il colore scuro della sua pelle era diventato molto più chiaro… quasi bianco cadaverico. La sua forza era aumentata e non riusciva a credere a quei salti incredibilmente lunghi che riusciva a fare correndo lungo la strada. Toccandosi la faccia avvertiva chiaramente diversità nel suo volto e cosa più strana sentiva i suoi canini più lungi e affilati tanto da graffiarsi involontariamente un dito dal quale fuoriusciva del sangue… sangue. Dentro sé desiderava sempre più del sangue umano!!! Non riusciva a spiegarsi il perché ma, ripensando alla caccia di qualche ora prima, era disgustato ma allo stesso tempo ricordava il dolce sapore del sangue della sua vittima e il piacere nel sentire i suoi lamenti pieni di dolore. La notte seguente avrebbe cercato altro sangue fresco.
Chiuso lì dentro, nel buio di quelle stanze desolate e piene di muffa… d’improvviso Ben Weaver si gettò in terra… seduto contro il muro e disgustato di se stesso iniziò a mordere e succhiare il sangue di un ratto che tentava invano di sfuggire dalle sue mani forti come tenaglie. Dopo pochi secondi il movimento della vittima cessò e Ben lanciò con forte orrore il topo contro una parete della stanza creando così un rumore acuto che rimbombò in quella stanza vuota. Voleva sangue fresco… vero sangue umano… avrebbe dovuto aspettare solo poche ore prima del tramonto per poi uscire nuovamente dal suo nascondiglio e poter essere di nuovo per le strade del centro in cerca di nuove vittime… aveva bisogno di altro sangue per poter rimettersi in forza e poter andare alla ricerca della sua amata… Eva Cruore.
Qualcosa in lei lo attirava più di ogni altra cosa… il suo corpo aveva bisogno del sangue di Eva e doveva averla a qualsiasi costo. Avrebbe messo a soqquadro l’intera città per arrivare a lei… lei lo sapeva benissimo perché anche la giovane Eva sentiva dentro sé la voglia irrefrenabile di Ben ed il suo desiderio di possederla. Sentiva il suo corpo, sentiva il suo respiro, ogni suo minimo pensiero… presto sarebbe stata sua.
Le ore della giornata trascorrevano tranquille per le persone che lavoravano, stanche e desiderose di poter tornare a casa dalle loro famiglie. Per Ben Weaver le ore passavano dando la caccia a piccoli ratti in modo da poter far pratica ed esercitare i suoi attacchi, sempre più fulminei. Più le ore trascorrevano in quel gioco nauseante più lo stimolo di caccia aumentava nell’anima, ormai morta, del vecchio uomo d’affari Ben Weaver.
Il sole calava nel buio più profondo, il cielo scuro sembrava avvolgere l’intera città in un alone di terrore il quale costringeva le persone, ignare del pericolo, a rientrare in casa e chiudere al più presto porte e finestre senza un preciso perché.
L’ospedale di Treviso era in piena attività lavorativa. Gente che entrava e che usciva. La sala operatoria con dentro l’equipe medica era quasi pronta a dar vita ad un nuovo angelo. In lontananza un’ambulanza arrivava a sirene spigate da un paese vicino, Portogruaro, portando con sé un ragazzo di appena ventitré anni coinvolto in un incidente motociclistico, forse morto.
Alcune persone ridevano, altre inerte fissavano il vuoto. Un via vai d’infermieri… la stanza numero 23 era chiusa. Eva era lì. Si girava e rigirava nel letto tra lenzuola umide di sudore, la sua mano graffiava la ferita ormai chiusa, ma ben visibile sul collo. La luce era spenta.
Eva s’irrigidì e d’improvviso si sentì sollevare, aprì gli occhi e lui era lì. Ben Weaver era tornato. Indossava un abito nero corvino con una camicia color porpora coperto da un lungo cappotto che rendeva la stanza a dir poco agghiacciante.
Senza dir niente Eva si alzò dal letto e si avviò verso di lui.
Nello stesso istante Ben si girò di scatto e con l’altra mano blocco l’ispettore Ezio Del Mul stringendogli il capo.
Del Mul sapeva che prima o poi Mr. Weaver sarebbe tornato. L’ispettore era nascosto in quella stanza da molte ore ormai e nessuno sapeva di questo suo appostamento. Weaver con una sola stretta di mano deformò il cranio del povero Del Mul fino a frantumarlo facendo cadere il suo corpo ormai inerme sul pavimento. Weaver si ripulì la mano sporca di sangue leccandosi le dita, per poi strappare il camice che copriva il corpo di Eva. Lei era di una bellezza unica, la pelle liscia come la seta, le sue linee perfette procuravano un brivido dentro al mostro che era diventato.
Lui la strinse dolcemente al suo petto e iniziò ad avvicinarsi al collo per finire l’opera che aveva iniziato giorni prima. La porta si aprì, una luce forte illuminò l’intera stanza tanto da accecare Ben Weaver costringendolo a nascondersi nell’ombra dal suo cappotto. Lì, sulla soglia dell’entrata, c’era Sarah. La sua amica era immobile sull’uscio della porta cercando di capire cosa stesse accadendo in quella stanza. Lui era lì, un corpo irriconoscibile disteso in terra… quella luce intensa proveniente dal crocefisso che teneva stretto in mano.
Sarah, poche ore prima, aveva preso il crocefisso dalla stanza di Eva per pulirlo meglio ed ora glielo stava restituendo.
Al contatto col demonio il crocefisso aveva emanato una luce intensa in modo da far allontanare il vampiro costringendolo a lasciar la sua preda. Con una smorfia di dolore il vampiro, Ben Weaver, corse verso la finestra pronto per un nuovo salto nella notte, ma prima si fermo guardando nuovamente Eva. Dopo di che si dileguò nelle tenebre.
Sarah sconvolta corse vicino Eva, svenuta dalla paura. Subito le diede il primo soccorso avvertendo i colleghi di quella persona in terra con la testa fracassata. Riguardò Eva dicendole che era tutto finito abbracciandola e stringendola forte a sé ma… Eva Cruore morse il collo di Sarah succhiando il suo sangue.
Eva seguì alla lettera le ultime parole dette del suo padrone prima di fuggire… presto sarebbe nata una nuova razza di vampiri…
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